lunedì 1 dicembre 2014

Ieri è morto un genio

Go Seigen è stato una leggenda vivente fino ad ieri.

Mi interessa parlarvi di lui e di quello che significa praticare l'Igo; nato nel 1914 nella
Fujian Province in cina una volta arrivato in giappone quattordicenne lo promuovono terzo Dan professionista.

Facciamo due conti, adesso chi comincia a praticare l'Igo parte da 20 kyu (L'igo ha dato il nome ai gradi delle arti marziali...) giocando e vincendo partite su partite in tornei ufficiali ti fai tutta la scala 19. 18. 17 etc. fino allo Shodan, sei cintura nera di Igo, ma sei ancora amatore e ci sono fino a 7 Dan amatoriali.

Questa strada la fai solo vincendo partite ufficiali contro tuoi pari, nell'Igo se perdi, perdi anche i tuoi gradi; se arrivi intorno al quinto o sesto Dan ti senti abbastanza in grado di frequentare le scuole speciali in cina, giappone e korea per provare a dare l'esame da professionista, ma devi fare in fretta perchè non si diventa pro dopo i 30 anni, non puoi sostenere l'esame dopo i 30 anni.
Devo ammettere che appena ho cominciato a giocare questo limite mi ha dato molto fastidio ma dopo il primo anno di pratica ho capito che per me era come andare su marte, non in questa vita.



Go Seigen diventa pro nel 1928 ha 14 anni e direttamente terzo Dan poi raggiunge il massimo nel 1950, non intendo il "suo" massimo, intendo proprio il Massimo, la cima della scala: 9 Dan da professionista.

Go Seigen gioca e vince, quasi sempre e quasi tutto.

In giappone  c'era un sistema di tornei ad alto livello si chiamavano Jubango, era una sfida ufficiale tra due maestri di Igo al meglio delle 10 partite, chi vince la sfida sale di grado chi la perde perde anche il grado.
Le partite potevano durare giorni o settimane,  Go Seigen vince quasi sette partite su dieci in media, addirittura abbandona le sfide vinte prima che il numero di partite perse possa diventare una vergogna per l'avversario.

Per capire quanto geniale sia stato quest'uomo, devo prima cercare di farvi capire quanto è complessa una partita di Igo e perchè la sua complessità è tale da poter definire l'Igo "una forma d'arte".
Cominciamo dai numeri, in una partita di scacchi, gioco universalmente conosciuto per la sua complessa difficoltà  i giocatori nella loro prima mossa hanno 400 possibili mosse.
Un praticante di Igo deve scegliere tra 145.161 possibili mosse, e siamo alla prima mossa in una partita di Igo ci sono 4,63 × 10170  diverse posizioni possibili su un goban 19×19.

Cioè 463 e 168 "zeri" che lo seguono, difficile da concepire se considerate che un Miliardo ha solo 9 zeri: 1.000.000.000 mancano ancora 159 "zeri"

Questa cifra sbalorditiva è il motivo per il quale non esiste nessun computer in grado di battere un professionista di Igo, semplicemente i computer non riescono a fare abbastanza calcoli dove un giocatore di Igo "vede" forme e strategie.

Nella partita di scacchi l'obiettivo è chiaro, occorre uccidere il re uccidendo buona parte del suo esercito nel tentativo; anche le parti sono chiare, ogni giocatore ha davanti a se il suo esercito, identico a quello dell'avversario.

Il praticante di Igo ha davanti a se un goban (tavola da Go) di 19x19 righe, vuota e lo scopo è aleatorio: "creare territori" posando la prima pietra comincia un delicato gioco di costruzione e gestione dello spazio che finirà solo quando entrambi giocatori non saranno concordi che tutte le mosse utili di una partita sono state fatte. Il risultato sarà una suddivisione dello spazio disponibile tra il bianco e il nero, chi avrà conquistato più spazio sarà il vincitore. Ma questi sono solo i numeri, per apprezzarne lo spirito occorre giocare.

L'Igo si pratica da 3.000 anni, è antico quanto le piramidi, è nato insieme alla matematica in cina e in tutto questo tempo si è evoluto pochissimo, ma un'estate Go Seigen va in "vacanza" con il suo amico Kitani Minoru, altro splendido giocatore, e quando tornano hanno rivoluzionato completamente le teorie delle aperture della partita.



Naturalmente le nuove teorie funzionano e Go Seigen continua a vincere.
Uno così che ha elevato l'Igo ad altissima forma d'arte, per fermarlo devi ucciderlo e in fatti ci va vicino nel 1961, lo investe una motocicletta, va in coma e quando si sveglia ha danni neurologici che ne segnano il declino come giocatore.

Ha continuato a promuovere ed insegnare, le sue partite sono così straordinarie e innovative che sono stati scritti libri per spiegarle e commentarle, sul suo amico e compagno Kitani Minoru è stato scritto un libro "il maestro di go" attraverso la storia di una partita tra il maestro che deve lasciare il titolo e il nuovo maestro, ci regala una serie di considerazioni di quello che succede quando la vittoria conta più della partita, o la meta conta più del viaggio.

"In questo libro unico si vive la contraddizione del concetto della realtà Occidentale e Orientale, e del trapasso dei tempi che sfociano nel presente fluire incessante delle cose, attraverso la duplice visione del go e del maestro. Il go si tramuta da momento sacro, da disputa ideale, a gioco. Gioco come tutti gli altri. La perdita dell’unicità comporta l’azzeramento della differenza tra ideale e concreto, tra momento di congiunzione mistica dell’anima ad un mondo ultraterreno o intramondano ma pur sempre perfetto. La vittoria sostituisce il capolavoro, la cultura viene soppiantata dalla produzione. Saranno le vittorie a costituire i capolavori e la produzione a costituire la cultura. Il sacro è dissolto. Il sacro ha perso. E nel nostro mondo non c’è spazio per la sconfitta" (cit. Giangiuseppe Pili)


Nella storia millenaria dell'Igo erano solo due i maestri che venivano ricordati come pietre miliari storiche, adesso sono tre.


Onegaishimasu Sensei








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